Cronache di ordinaria omofobia Report da maggio 2021 a maggio 2022

Il territorio

Questa è l’Italia omofoba tra il 1 maggio 2021 e il 1 maggio 2022. Un anno di ordinaria omofobia in cui le vittime rilevate (cioè quelle che hanno esplicitamente sporto denuncia alle Forze dell’Ordine per fatti penalmente rilevanti anche in assenza di una specifica legge contro l’omotransfobia) sono almeno 148. Non è affatto escluso che un buon numero di ulteriori vittime abbiano fatto lo stesso ma non abbiano reso pubbliche le cose. E’ sicuro che molti, per loro motivi non condivisibili ma da rispettare, abbiano sopportato senza denunciare.

Sono inoltre escluse, per ragioni di riservatezza, le storie di una gran parte degli ospiti delle “Case Rifugio” per persone LGBT+ di Torino, Milano, Roma e Napoli, che non se la sono ancora sentita di raccontarsi. Essi sono un numero piuttosto consistente e meritano di essere menzionate:

la “Casa delle Culture e dell’Accoglienza” di Napoli, gestita dal comitato Arcigay “Antinoo”, avviata da meno di un anno, ha accolto 8 ospiti e preso in carico altre 17 persone mentre si sta attivando per assisterne altre 15. Per approfondire: https://www.arcigaynapoli.org/progetti/casa-delle-culture-e-dellaccoglienza-delle-persone-lgbtqi/

Il “TOhousing” di Torino, gestito dall’associazione Quore a partire dal 2019, ha dato risposta a 170 persone che hanno chiesto soccorso (56 all’anno), delle quali 79 (26 all’anno) hanno ricevuto assistenza residenziale. Per approfondire: https://www.quore.org/to-housing-accoglienza-lgbtqi/ La mappa è comunque, già di per sé, piuttosto colorata.

Città per città

Le vittime di omofobia che hanno denunciato nel 2021/2022 si distribuiscono in 42 località che vanno da Roma (2.873.000 abitanti) a Vallefiorita (CZ – 1.618 abitanti). La maggior concentrazione si ha ovviamente nelle grandi città. L’incidenza sulla popolazione segue un ordine quasi inverso: minore è la popolazione, maggiore è l’incidenza del numero di vittime) ma con punte significative verso il fondo: non è detto che, nei centri più piccoli, si verifichino pochissimi atti di omofobia. Spicca il caso di Torino, che, negli anni scorsi, aveva avuto un numero di vittime relativamente basso. Nel 2021/2022, tale numero ha superato quello di Napoli e Milano e ha raggiunto quello di Roma, che ha più del triplo di abitanti. Cade rovinosamente il mito di Torino città friendly.

Giorno per giorno

Il “barcode dell’omofobia” (una stanghetta colorata, un episodio) parla di 106 episodi (solo tra quelli penalmente rilevanti, quindi eccettuati semplici insulti o espressioni scritte o verbali non dirette a una precisa persona fisica) che hanno coinvolto un totale di 148 vittime. Due episodi ogni settimana; una vittima ogni tre giorni.

Anno per anno

Nei due anni del COVID, l’omofobia non è diminuita sensibilmente rispetto agli anni precedenti: dopo i picchi del 2018 e 2019, non si è più tornati ai numeri degli anni prima. Ciò potrebbe significare che le vittime hanno acquisito una maggior coscienza di sé e dei propri diritti, per cui denunciano con più coraggio e più frequenza i torti subiti. Ma il procedere per sbalzi fa pensare invece che, almeno in alcuni momenti, il fenomeno omofobo abbia effettivamente conosciuto per picchi.

Mese per mese

Come sempre, il maggior numero di episodi e di vittime si è registrato nei mesi estivi, quelli cioè in cui si verificano più interazioni tra persone. Vi è però un picco molto pronunciato nel mese di giugno, quando si sono registrate ben 34 vittime (più di una al giorno), delle quali 26 di episodi violenti e violentissimi (10 aggressioni personali, 15 vittime di aggressioni di gruppo, 1 persona uccisa).

E’ impossibile non notare la coincidenza tra questo improvviso aumento dell’omofobia, e l’acceso dibattito pubblico in occasione della presentazione del ddl Zan alla Camera dei Deputati. A conferma di questa ipotesi, si nota un nuovo picco nel mese di ottobre, quando lo stesso ddl approdò in Senato.

La violenza omofoba sembra essere diventata una forma di azione politica, agita per motivi ideologici e alimentata dai messaggi omo-negativi che arrivano da parte dei partiti conservatori, dalle associazioni che fanno a essi riferimento, e dagli organismi ufficiali della Chiesa cattolica. Questi si esprimono a parole; altri, volendo “partecipare” ma essendo a corto di argomenti dialettici, passano alle mani. In questa direzione va anche l’osservazione dei singoli episodi: tra giugno e luglio, 4 vittime hanno subito aggressioni in seguito a veri e propri raid omofobi organizzati dopo un pride; 4 vittime sono state aggredite davanti alla sede di un centro di cultura lgbt+, diverse vittime sono state pestate perché portavano una borsa rainbow  o qualche “distintivo” riconducibile al movimento lgbt+.

I vari tipi di omofobia

Qualitativamente, la piaga omofoba mostra una regressione. Il numero di vittime di violenza fisica, mediamente inferiore a quello delle vittime di episodi non aggressivi (almeno dal 2017), è tornato in maggioranza. Le 38 vittime di aggressione singola, le 43 di aggressione di gruppo e l’omicidio di una donna trans, rappresentano il 56% del fenomeno. Si assiste a una vera e propria recrudescenza , alla faccia di chi sostiene che una legge contro l’omofobia punirebbe la libera espressione. Nota positiva: è in costante diminuzione il numero di suicidi, il che significa che l’omosessualità non è più vissuta con una tale vergogna da meritare di essere auto-punita, e che le persone LGBT si sentono meno inadeguate e meno isolate.

Gli ambienti dell’omofobia: la strada

Il luogo preferito dagli omofobi continua a essere la strada, che si conferma come l’ambiente preferito per  incursioni omofobe (il 62% delle vittime ha denunciato episodi avvenuti per via, in piazza o in non-luoghi come le stazioni ferroviarie, contro il 43% della media degli ultimi anni).

Gli ambienti dell’omofobia: i locali del tempo libero

Diminuisce la percentuale degli episodi avvenuti nei luoghi del tempo libero – che, per diversi mesi, essi sono stati chiusi a causa della pandemia di COVID. Stupisce però che esso non si sia ridotto in maniera proporzionale alla durata del lockdown, il che fa pensare a un aggravarsi del fenomeno.

Gli ambienti dell’omofobia: la famiglia

Diminuisce anche la percentuale degli episodi avvenuti in famiglia. Mediamente, essi si attestavano intorno alle 25 vittime all’anno. Nel 2020/2021, le vittime erano arrivate a 35. Nell’attuale periodo di osservazione, 2021/2022, scendono a 18. Anche in questo caso, è da ipotizzare che abbiano inciso i provvedimenti di restrizione dovuti al COVID: più tempo passato in casa determina più possibilità di veder esplodere i conflitti, possibilità esasperata anche dallo stress che genera violenza e comportamenti irrazionali come la cacciata di un figlio.

Gli ambienti dell’omofobia: scuola e lavoro

A scuola, si passa da una media di vittime pari al 4%, a una percentuale attuale dell’1%. Nei luoghi di lavoro, la percentuale passa da una media del 5% a un dato attuale del 2%. I dati sono sensibilmente inferiori a quelli del 2021-2022. E’ però da notare che diversi episodi avvenuti per strada si sono verificati all’uscita da ambienti scolastici e lavorativi. Sembra che l’omofobo tenda a rispettare formalmente le regole che vigono nei luoghi più istituzionalizzati, per poi sfogare la propria violenza immediatamente dopo. Egli è dunque consapevole che il proprio atteggiamento non trova approvazione sociale e che può essere punito; dunque è portato ad agire in ambienti il più possibile anonimi.

Gli ambienti dell’omofobia: il web

Diminuisce il fenomeno dell’omofobia via web, esploso già nel 2020/2021 con 37 vittime, e che torna a valori più contenuti (17 vittime) nel 2021/2022. Ciò si deve probabilmente a una serie di processi nei confronti di odiatori online che si sono conclusi con la loro condanna e che hanno fatto notizia. Ciò confermerebbe il valore deterrente della giustizia, l’utilità della denuncia e l’urgenza di una legge contro l’omofobia.

Gli ambienti dell’omofobia: la Chiesa

Come già avvenuto nel 2021/2022, si dimezza la percentuale di episodi omofobi verificatisi in ambienti religiosi. Non si capisce se ciò sia dovuto più a una maturazione delle persone che frequentano il mondo cattolico, o semplicemente al fatto che, negli ultimi due anni, anche le parrocchie e le organizzazioni religiose hanno dovuto adeguarsi alle restrizioni imposte dalla pandemia e sono state molto meno frequentate.

I generi delle vittime

L’omofobia si conferma come un fenomeno che colpisce soprattutto chi si non si adegua allo stereotipo maschile o vi si allontana: le vittime di sesso maschile e quelle che sono transitate a un’identità femminile partendo da una maschile rappresentano il 72% (65% cisgender e 7% trans gender M>F). Le femmine cisgender denuncianti raggiungono però una percentuale superiore alla media degli anni passati (dal 17% al 24%). Diminuisce poco la percentuale di vittime trasgender (dal 12% medio all’11% attuale), con una significativa flessione delle persone M>F (dall’11% al 7%) e un aumento di quelle F>M (dall’1% al 4%).

Il dato relativo alle persone trans continua però a essere molto preoccupante, dal momento che esse non rappresentano affatto una percentuale così elevata della popolazione nazionale, né di quella lgbt+. Esso significa che tutte le persone trans, e in particolare quelle M>F, hanno subito, almeno una volta nella vita, episodi di omotransfobia.

Se si disgregano i dati per genere e identità di genere in base ai vari tipi di atti omofobi, si evidenziano, ancora oggi come in tutti gli anni passati, forti differenze tra le varie componenti dell’omofobia: omofobia maschile, lesbofobia, transfobia.

I maschi cisgender sono in maggioranza in tutte le tipologie, tranne in quella degli omicidi, dove le persone transessuali M>F rappresentano addirittura la maggioranza assoluta, nonostante la loro decisa minoranza numerica.

Le femmine cisgender arrivano quasi sempre al terzo posto, sempre precedute dalle trans M>F, tranne che nelle aggressioni a gruppi. L’omofobo sembra non saper distinguere una donna omosessuale da una eterosessuale a meno che non le veda in coppia (ecco perché il numero di aggressioni plurimi contro donne è relativamente alto) o che non portino qualche segno di riconoscimento (per esempio una borsa rainbow o un volantino da distribuire). In caso contrario, per lui, la donna è sempre una potenziale preda. Il suo orientamento sessuale non conta. All’omofobo non interessa affatto classificare il proprio atteggiamento sotto la specie dell’omofobia, della lesbofobia o della transfobia (men che meno della bifobia). Per lui, chi sgarra dal suo immaginario del maschio tossico e della femmina da catturare, fa parte di un unico minestrone: quello dei “ricchioni” e delle “lesbiche di merda”, e va punito perché tradisce le sue attese.

L’età delle vittime

La distribuzione delle vittime dell’anno 2021/2022 per età presenta alcune variazioni rispetto alla media degli anni precedenti. Se si conferma un andamento decrescente delle vittime a partire dalla fascia 31/40 in poi, si nota invece una forte crescita di quelle in età compresa tra i gli 11 e i 20 anni, che arrivano quasi a raggiungere quelle della fascia successiva (21-30).

L’età media, già piuttosto bassa rispetto a quella della popolazione nazionale, si sta quindi ulteriormente abbassando. Ciò si può spiegare in parte con l’abbassamento dell’età della consapevolezza di sé in materia di identità e orientamento sessuale (i giovani fanno coming-out sempre più presto e con minore difficoltà rispetto al passato) ma indica anche che l’omosessualità viene vista, non solo dalle persone omofobe, come un difetto giovanile che è possibile correggere in varie forme, anche ricorrendo alla violenza. La stessa fascia 21-30 è anche quella in cui si concentra il maggior numero di atti fisicamente aggressivi (30 vittime contro le 35 distribuite nelle altre fasce d’età e le 12 di età non nota), sia a singole persone che a gruppi, oltre a quello dei suicidi.

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